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L'indifferenza della chiocciola

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Quando arriva l'ispirazione non puoi fare altro che preparare il tuo bagaglio e seguirla...Lei non ti avvisa, ti sveglia in piena notte e tu da brava viaggiatrice sai di non poterti tirare indietro. Difficilmente conoscerai la meta prima di partire, ma non importa, in certi casi bisogna andare. Salite a bordo insieme a me?!? Il viaggio di oggi è breve ma intenso. 



"L'indifferenza della chiocciola" 
(Tempo di somministrazione 5 minuti)
Se mi guardo intorno non vedo nessuno. Macchie di ombre senza un volto. Nessuno ha più tempo di guardare nessuno. Lo sguardo è basso, si deviano gli incontri.
Gli esperti la definiscono era della comunicazione, eppure si respira solo indifferenza.
Nascosti dietro un supporto tecnologico tutti cercano tutti.
La voglia di comunicare impera on line ma poi, nella vita di tutti i giorni, tutti vogliono essere “X”. La stessa maschera sopra ogni volto, quella maschera che ci porta ad essere uguali all’altro, ma diversi da noi. Forse, nemmeno io sono immune a questa moda del far finta di non essere.
Quando mi sdraio la notte, non mi guardo mai attorno. Prendo le mie coperte, mi metto comodo e buona notte mondo.
Un tempo ero colui che ostentava, la gente doveva accorgersi di me. Il mio unico obiettivo era il denaro.Un giorno però da quel piedistallo mi hanno fatto cadere, mi hanno tolto tutto.
Quei dannati soldi danno alla testa e non c’è grado di parentela che tenga. Sono rimasto senza lavoro, senza casa, pian piano senza soldi e senza amici.
Dove sono finiti tutti quelli che mi riempivano le giornate? Per loro ora sono niente.
Da circa sette anni vivo senza fronzoli, non ho beni materiali, cerco solo l’altro.
Io cerco l’altro, ma per me non c’è mai, non mi vede, o forse mi vede, però mi evita.
Ero così anch’io una volta, quelli come me non li degnavo di un’occhiata, li definivo “poveracci”.
Non mi ero mai domandato il motivo di quel loro vivere di niente, per me erano semplicemente nullità, nient’altro. Dall’alto della mia giacca e cravatta amavo giudicare tutti. Meritavo uno smacco, così, in un giorno qualsiasi la giusta punizione è arrivata.
Da quel giorno, niente è come prima. Ci misi del tempo per rassegnarmi all’idea di aver perso tutto. Col senno di poi, penso che questa sia stata la mia salvezza. Sono passati ben sette anni da quel giorno qualsiasi e il destino mi ha donato un nuovo giorno qualsiasi.
Faceva freddo, nevicava. Avevo passato la notte raggomitolato in uno scatolone. Per strada non girava anima viva, c’era un’aria pulita. Iniziai a calpestare il mantello di neve. Camminai tanto e la stanchezza mi fece inciampare su un san pietrino.
Mi chinai con la voglia di bere, mi ricordava l’infanzia. Presi una manciata di ghiaccio, e scavando mi trovai tra le mani un portadocumenti di pelle, era zuppo ed emanava il buon odore della vera pelle. Lo raccolsi. Timidamente sbirciai. Vi erano dei biglietti da visita, i documenti, una prepagata e 50 euro. Qualcuno doveva aiutarmi, dovevo trovare quell’indirizzo. Io chiedevo e la gente fingeva di non sentirmi, era imbarazzante incrociare lo sguardo  di un altro uomo e vedere negli occhi quella indifferenza. Il mio abbigliamento poco curato non mi permetteva di essere ascoltato. Si contavano sulle dita di una mano le persone che mi avevano rivolto un sorriso, un semplice “come stai?”. Anni fa nessuno mi avrebbe schivato. Siamo proprio strani noi uomini! Alla nascita tutti uguali, nudi e alla ricerca dell’altro, poi cresciamo e basta un paio di scarpe firmate in più e ci sentiamo superiori. Dovevo convivere con questa realtà. Dopo molti tentativi, una ragazzetta figlia della tecnologia mi rispose, con il suo cellulare era riuscita ad indicarmi i bus da prendere. La ringraziai sorridendo e grazie a lei, arrivai a destinazione. Il proprietario del portadocumenti doveva essere un benestante, subito lo giudicai, brutta razza la nostra. Abitava in una villa sulla Camilluccia, era immersa nel verde, mi piaceva. Citofonai e mi accorsi del suo videocitofono. Gli dissi: “Questo deve essere suo!”. Gli mostrai il portadocumenti. Lui mi rispose stupito “Non so come ringraziarti, aspetta, scendo!”Mi bastava percepire quel sorriso. Lasciai cadere a terra il portadocumenti, mi voltai e me ne andai. Dopo poco sentii urlare “Aspettami, ho bisogno di parlarti”. La parola “bisogno” mi fece tornare indietro e con le lacrime agli occhi iniziai a correre nella sua direzione.
Per ora è tutto...
Prossima partenza Venerdì 10 Luglio. Destinazione ancora tutta da scrivere!!!
Ps. Quanti di voi saliranno a bordo?!?

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